Lo spettacolo e la vita

Gorky definisce il complesso di proiezione/identificazione, cioè la partecipazione affettiva, la realtà semi-immaginaria dell’uomo”. C’è davvero confusione tra la partecipazione immaginaria (lo spettacolo) e quella sociale (la vita). Una confusione che produce personalità pre-confezionate, come abiti da indossare: tutti sostengono una “parte”, sia per gli altri che per se stessi.

Proiezioni e identificazioni alimentano lo spettacolo nella vita normale, dal modo di vestirsi (il travestimento), al viso (la maschera), ai propositi (le convenzioni), al sentimento della propria importanza (la commedia). A seconda di come identifichiamo le immagini sullo schermo con la vita reale, entrano in azione le nostre personali proiezioni-identificazioni.

L’esempio classico di questo meccanismo mentale è l’esperimento del regista russo Lev Koulechov, negli anni ’20, riprodotto in questo video della serie spagnola “Amar el Cine”. Una tecnica di montaggio in cui si alterna lo stesso primo piano dell’attore Ivan Mousjoukine a 3 riprese diverse: un piatto di minestra e un bicchiere di vino su una tavola, il cadavere di una bambina in una bara, una donna sdraiata su un divano. Nonostante il primo piano sia lo stesso, il pubblico percepisce  differenti stati d’animo nell’attore.

Il processo di proiezione identifica luci ed ombre sullo schermo con cose ed esseri reali, attribuendo loro una realtà che dopo la visione manca in modo evidente, in altre parole conferisce realtà alle immagini.

Emotività, movimento, luci, colori, regia, musica, intensificano questo meccanismo di partecipazione affettiva, da cui dipende la passività del pubblico.

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